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LE CHIESE:

 

La chiesa parrocchiale dedicata alla Madonna, è trinavata e conserva, sull’altare maggiore, una pala raffigurante la Madonna Achiropita dipinta nel 1728; inoltre tela raffigurante la Madonna del Rosario dipinta da seguace del Solimena; statue lignee della Maddalena, di San Giuseppe, della Deposizione provenienti dalla chiesa dell’Addolorata.

In sagrestia, calici d’argento ed ostensori, opere di orafi napoletani nel sec. XVIII. Il Fonte Battesimale si trova nella navata di sinistra della Chiesa Madre.

Scolpito in pietra presenta su un basamento colonnette orientaleggianti che delimitano a balaustra l'area del Fonte. Lo stemma della famiglia Sambiase consente di stabilirne l'epoca (sec. XVII).

Di interesse artistico e culturale il dipinto con olio su tela, 80x120, raffigurante la Madonna del Rosario col bambino tra i SS. Domenico e Caterina sovrastanti alcune anime del purgatorio.

Quindici medaglioni raffiguranti scene relativi ai misteri ne incorniciano le figure.

Il noto dipinto di scuola napoletana del tardo Seicento (bottega del Solimena) occupa la pala d'altare della cappella del Rosario nella Chiesa Parrocchiale.

 

La Chiesa della Madonna Addolorata è annessa al Castello, ma merita una menzione a parte perché bene di alto valore culturale ed artistico.

Poco si sa della sua origine, ma furono certamente i Sambiase a darle grande dignità, aprendo l'attuale portale sulla piazza, erigendo il campanile e soprattutto arredandola.

Vittoria Sambiase Piccolomini d'Aragona, avendovi seppellito il marito Alfonso e la figlia Anna Maria, la fece ulteriormente abbellire. La pala d'altare, edicolata a tutta parete, riccamente intagliata in legno patinato d'oro, opera di maestri intagliatori e stuccatori di scuola napoletana, resta uno degli esempi più puri dell'arte Rococò in Calabria.

Le pregevolissime statue lignee, presumibilmente della stessa epoca, di cui la chiesa fu dotata, vennero trasferite successivamente al castello.

Una menzione particolare va fatta per il mosaico raffigurante San Cristoforo presente sulla parete che si affaccia sulla piazza.

 

 

I MONUMENTI:

 

Il Castello evolutosi da un primitivo impianto di rocca bizantina in fortilizio a pianta quadrangolare, con magazzini e depositi per le scorte in caso di assedio durante la dominazione normanna, si differenziò in castello vero e proprio sotto gli Svevi. In posizione dominante perfezionò nel corso dei secoli successivi i suoi elementi stilistici integrandovi di volta in volta i segni delle murate strategie difensive, in armonia col desiderio dei vari feudatari di trasformarlo da fortezza in elegante dimora spesso preferita per la sicurezza. Saltuariamente fu agitato da tutti, dai Sanseverino agli Arenante, agli Spinelli, ai Mandatoriccio, ma solo i Sambiase, cosentini, nel ‘700 lo elessero a loro stabile dimora, lasciandovi testimonianza della loro liberalità e della loro cultura con l’impronta del secolo. Bellissima la biblioteca di raffinata fattura tarda barocca, degni di nota la bifora quattrocentesca collocata in una delle finestre del Salone sul cortile interno, alcuni soffitti, camini monumentali, un cancelletto in ferro battuto al termine dello scalone, di delicata lavorazione ed altri episodi scultorei e decorativi. Lo posseggono oggi i Giannone di Acri, artefici alla fine degli anni ’30 di un colto restauro che lo ha sottratto al degrado, rendendolo uno dei castelli più suggestivi del meridione.

 

Il Convento dei Riformati è la seconda emergenza architettonica del paese. Fu costruito su progetto di tale Joannes Campitellus dal Principe Bartolomeo Sambiase che lo volle, nonostante l’avversa istruttoria apostolica, come espressione del suo prestigio, facendolo erigere di fronte al castello sulla collina dell’extra moenia dove già esisteva un antico romitorio francescano,e fu assegnato ai Frati Minori di San Francesco d’Assisi (Riformati) e consacrato a Santa Maria del Rimedio. Finito di costruire nel 1698, solo nel 1702 Clemente XI, personalmente sollecitato, superando l’esito negativo di una sofferta istruttoria apostolica, ne autorizzò l’apertura, soppresso dai Napoleonici nel 1809, passò alla proprietà privata nel 1866. Gli incendi e il terremoto lo resero rudere dopo che gli attacchi dell’artiglieria francese ne ebbero promosso il degrado, ma un accurato restauro commissionato da Gerardo Leonardis negli anni ’80 lo ha riportato alla primitiva bellezza. La sua architettura ispirata al tardo ‘600 meridionale è espressione negli elementi stilistici e decorativi di quell’arte povera che con rarissimi esempi compiuti, solo la Chiesa potè interpretare e produrre illuminando qua e là nel luogo periodo della feudalità i secoli più bui della storia civile ed artistica calabrese”.

Comune di Calopezzati

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